Il nostro viaggio in Uzbekistan è stato indimenticabile. Abbiamo conosciuto un paese speciale non solo per le sue innumerevoli tradizioni che si riflettono in ogni luogo e in ogni piatto, ma anche per la sua storia millenaria, per la sua arte e per l’accoglienza del suo popolo. Con un volo notturno diretto da Roma siamo sbarcati a Urgench per visitare prima Khiva e poi Bukhara, entrambe città patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. È stato bello passeggiare nei centri storici di queste antiche città, dalle atmosfere da mille e una notte, dove sorgono minareti, madrase, moschee, fortezze e monumenti da guardare per ore in estasi, rapiti dalla bellezza di ogni minimo dettaglio architettonico. Queste città carovaniere, sulla via della seta, sono state dei “khanati” indipendenti, medievali, violenti e isolati fino all’avvento dell’URSS. Esse hanno vissuto dapprima le mire espansionistiche degli Zar, nel XIX secolo, e poi, dopo gli Zar, il cambiamento di tutto il paese che divenne, dal 1924 fino al 1991, una delle repubbliche socialiste sovietiche. Dopo la caduta dell’URSS tutto l’Uzbekistan ottenne l’indipendenza e non fu facile per la popolazione ritrovare la propria identità culturale e religiosa ed emergere dalla povertà: oggi tutto il paese è in forte crescita demografica ed economica, proiettato verso il futuro, grazie ad un sistema di trasporti efficiente e ad un turismo emergente che non fa sentire più Samarcanda così lontana come in passato. A Samarcanda, un sogno nel cassetto per ogni viaggiatore, abbiamo ammirato le decorazioni, i mosaici e le maioliche delle facciate delle madrase (le antiche scuole coraniche) in piazza Registan. Queste appaiono di giorno di mille sfumature alla luce del sole e incredibilmente scenografiche di notte, investite da proiezioni in 3D di luci, parole e suoni. Abbiamo camminato con la testa all’insù incantati dalle cupole dai colori turchese e blu di questa millenaria città dove mausolei e necropoli rappresentano la massima espressione dell’arte islamica e sono luoghi sacri di pellegrinaggio. A Shakhrisabz, l’antica “Città Verde”, patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, abbiamo percorso le orme del grande condottiero Amir Temur, conosciuto in Italia come Tamerlano, che qui vi nacque, nel 1336, e che qui lasciò i segni tangibili della sua magnificenza. Abbiamo attraversato il deserto rosso in autobus, oltrepassato valichi di montagna in macchina e da Samarcanda abbiamo raggiunto la capitale, Tashkent, con il veloce treno Afrosyob, mescolandoci con la gente del posto, apprezzandone la loro ospitalità, osservandone i loro usi e costumi. A Tashkent abbiamo ammirato stupefacenti opere di socialismo reale di stampo sovietico, costruite dopo il terribile terremoto del 1966 che ha quasi completamente raso al suolo la città. Abbiamo visitato le sue stazioni della metro, finemente decorate con cupole che sembrano moschee, ceramiche e mosaici che raccontano storie di uomini che hanno conquistato il cosmo e colture come quella del cotone. Qui, a Tashkent siamo rimasti storditi dai colori e dagli odori inebrianti dei prodotti di questa terra, dalle spezie alla frutta, dalla verdura alla carne, dai dolci al pane e molto altro ancora, tutti raccolti sotto l’immensa cupola, dalle sfumature azzurre, dell’imponente “Bazar Chorsu”, all’interno del quale si può comprare di tutto e vedere davvero come vive la gente. Meravigliosi sono i bazar di Khiva, Bukhara e Samarcanda dove si trovano oggetti in legno finemente intagliati, ceramiche dipinte di blu, gioielli che sono creati anche con pietre preziose, cappelli, miniature e statuine, cofanetti, tessuti riccamente decorati, tappetti e ricami, vestiti, lavorazioni in cotone e seta, vassoi in rame e ottone e non solo. Tutto qui è minuzioso e curato in ogni minimo dettaglio: gli uzbeki sono artigiani operosi ed originali e lo si vede in tutto quello che fanno. Qui anche il cibo è decorato e il pane è impreziosito con semi e spezie tanto da sembrare un’opera d’arte: impossibile farne a meno.
1° giorno URGENCH – KHIVA
Arriviamo a Urgench alle cinque del mattino con un volo notturno da Roma Fiumicino: siamo un gruppo di 28 persone provenienti da tutta Italia accompagnati da una giovane guida, Mathi, che ha mostrato fin da subito la sua grande professionalità e competenza. Mentre in Italia è notte fonda qui comincia ad albeggiare, date le tre ore di fuso orario in vigenza dell’ora legale (altrimenti sono quattro). All’uscita dell’Aeroporto incontriamo la nostra guida uzbeka, si chiama Zara e ci accompagnerà per tutto il viaggio condividendo con noi non solo la storia del suo paese ma anche quella della sua vita. Ha i tratti iraniani, lo sguardo fiero e una spontanea gentilezza, tipica di questo popolo. La gente qui è un miscuglio eterogeneo, dato dall’ incontro di razze e culture differenti, tanto che, nei loro tratti somatici, si possono incontrare tutti i paesi del mondo. Zara ci saluta dicendo che siamo i discendenti di Marco Polo e così ci introduce alla celebre via della seta. Si, siamo in Uzbekistan, l’antica Transoxiana, punto d’incontro tra Oriente e Occidente, tra le tribù nomadi delle steppe e le civiltà dei grandi imperi asiatici. Veniamo accompagnati in Autobus a Khiva, minuscola oasi a 30 km da Urgench, un tempo snodo commerciale lungo la via della seta ed oggi perla fra i due deserti del Kyzylkum e del Karakum. Ci sistemiamo presso il nostro hotel, l’Asia Khiva, appena fuori le spesse mura di argilla d’Itchan Kala, città fortezza tutelata come patrimonio mondiale dell’UNESCO e centro feudale meglio conservato dell’Asia Centrale. Qui fin dal XVI secolo, la dinastia degli Shaybanidi, vinte le truppe di Tamerlano, aveva stabilito un “khanato” indipendente. In questa isolata città carovaniera i “khan” governarono per secoli seminando terrore e accumulando fortune grazie al commercio degli schiavi. La città museo dentro le mura si contrappone a Dishan Kala, ovvero l’abitato nato nel XX secolo all’esterno, dove oggi vive la maggior parte degli abitanti di Khiva. Dopo il volo notturno ci aspetta un’abbondante colazione a buffet nel nostro hotel e un po' di riposo. Alle 11,00 eccoci pronti nella hall per partire a piedi alla scoperta della città. Costeggiamo le spesse mura ed entriamo dalla porta ovest, definita “Porta del Padre”, in uzbeko, “Ota Darvoza” che rappresenta l’accesso principale alla città, dove è possibile acquistare il biglietto per l’ingresso ai principali monumenti. Appena entrati, su di un muro, una mappa in maioliche colorate ci mostra lo sviluppo urbanistico di Khiva, principalmente lungo due assi perpendicolari secondo i punti cardinali ovest – est e nord-sud. Le sue origini sono antichissime, si narra che la città venne fondata da Sam, figlio di Noè, dopo aver trovato un pozzo d’acqua dolce. Varcata la soglia si incontrano fin da subito negozietti e bancarelle d’artigianato: ecco colbacchi e cappelli in feltro colorati, marionette, ceramiche, tappeti, teli e arazzi, borse, cuscini, sciarpe e abiti ricamati. Si, perché come dice la nostra guida, qui si comprano bene oggetti di artigianato perché più economici rispetto a quelli che incontreremo lungo la via della seta, a Bukhara e a Samarcanda. Pochi passi e sulla destra incontriamo il “Kalta – Minor”, un minareto risalente all’ottocento, ricoperto interamente da maioliche turchesi. Ha un diametro di 14 metri, un’altezza di 29 metri e rappresenta un capolavoro incompiuto dell’architettura uzbeka. Avrebbe dovuto essere il più alto dell’Asia Centrale ma la sua costruzione si fermò si narra a causa della morte del Khan o forse del suo architetto. Adiacente a esso sorge la madrasa di “Muhammad Amin Khan”, una delle più grandi dell’Uzbekistan. Ci dirigiamo a sinistra di “Ota Darvoza”, all’estremità ovest della città, dove si trova la fortezza di “Kuhna Ark”, risalente al XII secolo e ampliata nel XVII secolo dove i khan stabilirono la loro residenza. Visitiamo la moschea d’estate (Moschea “Ark”), un patio ricoperto di maioliche bianche e blu con motivi floreali e successivamente entriamo all’interno delle stanze: una di queste ospita la zecca dove si stampavano banconote su seta. Visitiamo gli alloggi reali oggi sede museale e la sala del trono all’aperto riccamente decorata e con porte con intagli in legno. Nel cortile si trova lo spazio con la base in mattoni dedicata alla yurta, la tipica tenda uzbeka. Lasciamo il complesso che ha anche una torre di guardia, dove saliremo nel tardo pomeriggio per vedere il tramonto, pagando un piccolo supplemento rispetto al biglietto già fatto. Prima di pranzo visitiamo la madrasa di “Muhammad Rahim Khan”, eretta nel 1876, di fronte alla fortezza “Kuhna Ark”. Vi sia accede dalla strada, e prima di arrivare nel cortile chiuso, sul quale si trova la struttura principale a due piani, incontriamo un artigiano che intaglia oggetti in legno: ci mostra il funzionamento di meravigliosi leggii porta corano (laukh) e cofanetti con chiusure segrete, lo guardiamo incantati. Alle 13 è già l’ora di pranzo e ci fermiamo in una tipica sala da tè- la “Teahouse Mirza Borshi”, ubicata nel cuore della città vecchia. Sul tavolo ad accoglierci il pane (Patyr): qui è schiacciato come una focaccia e decorato con dei forellini nella crosta ottenuti grazie ad un caratteristico stampo in legno (che avevamo già visto sulle bancarelle lungo la strada). Il pane ha per gli uzbeki un forte valore simbolico: è la prima cosa che si offre e generalmente si spezza e si condivide. Ci vengono subito serviti dei tipici antipasti: melanzane (cosparse di semini di sesamo) ed un’insalata con cetrioli e pomodori dal gusto intenso di coriandolo, ottima durante l’estate. Prima del piatto principale ci è stata servita anche una zuppa a base di zucca davvero deliziosa (le zuppe di verdura sono un piatto molto comune in Uzbekistan). Ma i piatti da assaggiare qui sono gli “shivit osh”, spaghetti verdi ottenuti aggiungendo aneto, con uno spezzatino di manzo e verdure, serviti con una tazza di yogurt a parte, e i “tuxum barak”, ravioli ripieni di uovo, serviti sempre con salsa allo yogurt (tipici piatti della regione della Corasmia, dove si trova Khiva). Insieme a questi piatti regionali ci sono stati serviti anche altri ravioli detti “Manty”, cotti al vapore, ripieni di carne, cipolle e/o verdure. Dopo pranzo viene servito il tè, seguito da un dolce dai sapori orientali e dalla frutta (meloni, pesche, fichi e uva). Nel pomeriggio visitiamo la Moschea “Djuma” (“moschea del venerdì”), impressionante con le sue 216 colonne di legno che sorreggono il soffitto: una foresta che copre una superficie di 55 x 46 metri. Le colonne sono tutte diverse (nelle dimensioni e nella forma) e sono intagliate con scritte cufiche. Questa moschea è uno dei luoghi religiosi più importanti di Khiva: il suo interno è però cupo per via della poca luce che entra solo da un lucernaio sul tetto ed attualmente è in ristrutturazione. È ubicata proprio lungo l’asse principale che da ovest va verso est d’ Itchan Kala e, adiacente a essa, vi è l’omonimo minareto alto 44 metri. Raggiungendo l’estremità orientale della città visitiamo il palazzo “Tosh- Hovli” o “Palazzo di pietra” con ben 150 stanze che si affacciano su nove cortili: tutte impreziosite da maioliche, stucchi e merletti. Nell’ala sud di questo palazzo si trova la sala del trono e due basi in mattoni per la yurta, mentre una tipica yurta è montata in un altro cortile. All’interno di una delle sale sono state riprodotte le sezioni di un tandyr (tipico forno di argilla per la cottura del pane). Nell’ala nord si trova invece l’harem delle mogli e delle concubine, oggi occupato in parte da bancarelle, dove abbiamo comprato delle caratteristiche sciarpe in cotone (l’Uzbekistan è il primo esportatore al mondo di cotone) e oggetti in ceramica (piatti, tazze, melograni, statuine di saggi con la barba bianca, ecc.). Abbiamo visitato poi uno dei monumenti religiosi più importanti della città, il mausoleo di Pahlavan Mahmud, considerato un santo sufi, un filosofo e poeta. Questo è sormontato da una cupola verde e illuminato all’interno da un vistoso lampadario. Di fronte ad esso si incontra la famosa madrasa di Shergazi – Khan. Lasciamo la città uscendo dalla porta meridionale, passando davanti al minareto d’Islam Khodja, eretto nel 1907, che con i suoi 56 metri di altezza è l’edificio più alto di Khiva. Questo minareto domina l’omonima madrasa adiacente e sovrasta tutti gli edifici intorno. Prima di uscire dalla città attraversiamo un’area con poche abitazioni e un paio di mini-market, abitata oramai solo da una piccola parte degli abitanti di Khiva. Qui incontriamo degli adulti a riposare su dei tipici giacigli in legno ricoperti di tappeti, donne con vestiti colorati che ci sorridono mostrando denti d’oro e bambini felici che giocano tutt’intorno. Raggiungiamo il nostro hotel per concederci un pomeriggio di relax in piscina sotto l’ombra di pergolati di vite già carichi d’uva. Poco prima del tramonto ci rechiamo nuovamente in città per ammirare, dalla torre di guardia della fortezza di Khuna Ark, un tramonto indimenticabile. La città dall’alto, illuminata dal sole, appare piccola e perfetta proprio come doveva apparire alle carovane che qui trovavano un’oasi sicura prima di attraversare il deserto verso la Persia. Consumiamo una cena a buffet in hotel e poi ci perdiamo nuovamente tra le vie della città di Khiva per ammirare i suoi monumenti illuminati di notte. Restiamo estasiati dagli splendori che la città ospita, addentrandoci nei dedali di viuzze, in un’atmosfera di quiete assoluta che ci riporta indietro a un'altra epoca, quando commercianti nell’antichità vi facevano tappa percorrendo la mitica via della seta.






2° GIORNO KHIVA – BUKHARA
Sveglia presto, colazione a buffet e alle otto partenza in pullman per Bukhara. Ci aspettano sei ore di viaggio attraverso il deserto rosso, seguendo il percorso degli antichi carovanieri lungo la via della seta. La nostra destinazione è la città “santissima”, un tempo una delle più importanti dell’Islam. Oggi questa città è un museo a cielo aperto con più di 140 edifici di rilievo storico architettonico tra moschee, madrase, mausolei e palazzi, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Passato il fiume Amu Darya, al confine con il Turkmenistan, attraversiamo una pianura coltivata a cotone e piante da frutto. Proprio la controversa politica di coltivazione del cotone, introdotta durante il periodo sovietico (ma che ancora oggi resiste), ha portato all’eccessivo consumo di acqua e, conseguentemente, a far sì che molti fiumi sparissero. Anche il lago d’Aral (quarto bacino d’acqua dolce al mondo) si è prosciugato quasi completamente, lasciando dietro di sé una terra salmastra e inquinata. Questo processo ha portato alla trasformazione di molte aree in deserto, creando numerosi problemi per gli abitanti delle città che un tempo si affacciavano sull’Aral e che vivevano principalmente di pesca: ne è un esempio Moynaq, dove di quel lontano passato produttivo oggi restano solo le carcasse di pescherecci arenati all’orizzonte. Arriviamo a Bukhara per l’ora di pranzo e ci dirigiamo al “Temir’s Restaurant”, un locale tipico ubicato proprio nel centro della città, decorato con caratteristici drappi in tessuto dai motivi e colorazioni tradizionali, appesi tutt’intorno (Suzani e Ikat). Sul tavolo ci accoglie sempre il pane, questa volta tondo (lepeshka o obi – non), con i bordi rialzati e le decorazioni a stampo nel centro e, come antipasto, ancora la tipica insalata di cetrioli e pomodori e le melanzane, questa volta glassate. Ci vengono serviti degli squisiti “Samsa”, ovvero dei fagottini di pasta sfoglia riempiti di carne, cipolle e verdure, cotti nel caratteristico “tandyr”. Il piatto principale qui è stato il “Lagman” ovvero dei noodles bianchi con carne a pezzetti. Nel pomeriggio, ci concediamo un po' di relax nel nostro hotel, il “Latifa Begim”, ubicato proprio nel cuore del centro storico, con un caratteristico cortile in maioliche dove si affacciano le stanze, davvero spaziose e molto belle. Verso le 17 lasciamo però l’hotel e usciamo a piedi alla scoperta della città. Nelle vicinanze dell’hotel incontriamo una splendida piazza alberata, chiamata Lyabi Khauz che significa letteralmente “nei pressi di un serbatoio di acqua”, perché ha al centro una delle poche piscine sopravvissute in città. Un tempo a Bukhara vi erano numerose vasche d’acqua collegate grazie a una rete di canali che servivano per l’approvvigionamento idrico. Questo sistema però, insalubre e veicolo d'infezioni, aveva creato problemi di natura igienico sanitaria agli abitanti della città tanto che l’aspettativa di vita era di appena 32 anni fino a quando le vasche non furono smantellate dai sovietici. Tutt’intorno alla piscina si affacciano edifici sacri circondati da molto verde e da alberi di gelsi risalenti al 1477: la piazza elegante e nello stesso tempo sobria è molto animata di giorno ma soprattutto di notte quando è frequentata dalla gente del posto. Il complesso storico intorno a questa piscina si compone della Madrasa di Kukeldash a nord e della Madrasa di Nadir Divan-Begi a est. Visitiamo dapprima la madrasa di Nadir Divan Begi, risalente al XVII secolo, per ammirare la sua splendida facciata decorata con immagini di uccelli delle felicità dalle ali bianche e piume verde smeraldo e cobalto (sono i “simurg”, uccelli simbolo dell’Uzbekistan). Al centro del portale vi è un sole con le sembianze di un essere umano (immagine inconsueta visto che la rappresentazione nell’Islam era vietata). Successivamente visitiamo la Madrasa di Kukeldash, risalente al XVI secolo, la più grande della città, con il suo portale d’ingresso dove spicca una scritta coranica molto caratteristica. Si narra che per costruire l’intero complesso di Lyabi Khauz, il gran Visir incontrò un ostacolo: la presenza della casa di una vedova ebrea che non voleva saperne di cedere la sua proprietà e vi rinunciò solo in cambio di un luogo e di un permesso per edificare una Sinagoga. A Bukhara vi era a quei tempi una fiorente comunità ebraica di commercianti e artigiani, che oggi ancora resiste. Nei pressi di questo complesso visitiamo un caratteristico negozio di marionette e di bambole tutte realizzate con tecniche tradizionali e finemente dipinte a mano: all’interno, accanto a Tamerlano, su una teca ci sono anche Ali Babà con tutti i 40 ladroni. Ci spingiamo poi fino ai Bazar coperti della città che sono un susseguirsi di bancarelle dove comprare strumenti musicali, cappelli (tipico è un copricapo nero con ricami bianchi indossato dagli uomini, chiamato qui “Tubeteika”), spezie, bambole, forbici a forma di becco di cicogna, coltelli, monete, stampe, vestiti, sciarpe, tappeti, ceramiche di ogni tipo e gioielli in argento (che qui si comprano molto bene!): al bazar ci ritorneremo il giorno successivo per un intero pomeriggio dedicato agli acquisti. Siamo nel cuore antico della città che è un continuo susseguirsi di monumenti architettonici meravigliosi. Passeggiando per le vie del centro arriviamo davanti al minareto di Kalyan, rimanendo impressionati dalla sua grandiosità, proprio come successe a Gengis Khan che, giunto a Bukhara nel 1220, lo risparmiò dalla distruzione mongola tanto ne rimase colpito. Costruito nel 1127, dalla sua altezza di 48 metri domina lo skyline della città, rappresentando da più di otto secoli un richiamo per l’Islam. Questo minareto in passato fu un vero e proprio faro per le carovane lungo la via della seta. Il minareto di Kalyan è anche noto come “torre della morte” poiché da qui, per secoli, venivano fatti precipitare le mogli infedeli e i condannati a morte. Esso fa parte del complesso di Poli Kalyan che include la moschea di Kalyan (la grande moschea) e la madrasa Mir-i Arab (risalente al 1535- 1536), quest’ultima, considerata una delle istituzioni islamiche più importanti della regione post-sovietica. Il complesso costruito agli inizi del XVI secolo dagli Shaybanidi, può ospitare fino a 12.000 mila persone. Esso è considerato l’edificio centrale di Bukhara e rappresenta un simbolo della città stessa. Visitiamo il “Bukhara Silk Market” per ammirare i famosi tappeti di Bukhara (che poi di Bukhara non sono): sono prodotti in realtà da tribù turkmene e portati fin qui in passato per essere trasportati dalle carovane in tutta Europa. In questo Bazar se ne possono trovare di tutti i tipi, dai più comuni a quelli più preziosi nonché si trovano di svariate dimensioni e tessuti: qui si può acquistare anche il famoso tappeto volante che “prima si paga e poi vola”. I prezzi partono da poche centinaia di euro fino a centinaia di migliaia di euro ed alcuni di essi sono dei veri capolavori. Accanto al mercato dei tappeti vi è una gioielleria dove è possibile acquistare dei bellissimi preziosi in argento. L’argento è considerato sacro nell’Islam, in quanto lo stesso Maometto indossò tutta la vita un anello di questo materiale senza mai disfarsene. Prima di cena visitiamo le madrase di Ulugbek e di Abdul Aziz Khan che fanno parte di un complesso molto antico e che, a mio avviso, necessiterebbe di alcuni interventi di restauro. La cena in serata, al “Tandir Restaurant” è stata allietata da uno spettacolo folk con ballerine in abiti tradizionali (di differenti regioni uzbeke) e da musicisti con strumenti tipici (gli stessi che avevamo già visto in vendita nel bazar). Contrariamente a quanto avviene nelle nazioni musulmane qui si bevono alcolici, in prevalenza vodka, birra ed è molto diffuso il vino locale dal sapore dolce che anche noi abbiamo voluto assaggiare.






3° GIORNO – BUKHARA
Passiamo la giornata nella gloriosa Bukhara, antica capitale del regno Samanide: il suo centro storico dalle tonalità prevalentemente dell’ocra, a differenza di Khiva, è ancora abitato. Le origini di questa città risalgono a 2600 anni. Questa fu centro importante già con i persiani che vi costruirono una rete di canali, molti dei quali la attraversano ancora. La nostra prima tappa è stata la settecentesca moschea di Bolo Hauz, l’unico monumento della cultura medievale di Bukhara. Di questa, spettacolare è la moschea estiva, risalente solo al 1917, con il soffitto a cassettoni dipinto e le 20 colonne in legno di noce e pioppo. Queste sono dotate di basamento in calcestruzzo e capitelli in stalattiti dipinti con tinte policrome: si riflettono nella piccola vasca ubicata proprio di fronte, rendendo il tutto molto scenografico. In adiacenza vi è anche un piccolo minareto ed una torre piezometrica per l’approvvigionamento idrico. Proseguiamo recandoci poi al monumento più antico della città il mausoleo di Ismail Samani, fondatore persiano della dinastia dei Samanidi che contribuì allo sviluppo della città facendola diventare uno dei principali centri dell’arte e cultura islamica. Questo mausoleo, risalente al X secolo, è realizzato con elementi semplici in mattoni cotti ed è ubicato all’interno di un bellissimo parco. Si tratta di una delle costruzioni più antiche dell’Asia Centrale, giunta fino a noi pressoché intatta: non si conosce davvero Bukhara se non si visita questo luogo. Con la sua peculiare forma di un cubo è sorretto da una cupola e rappresenta il modello classico di mausoleo islamico, dove il cubo simboleggia la terra e la cupola il paradiso. Il ricamo presente all’esterno si ritrova anche all’interno dove, se si presta attenzione, si può incontrare anche la faccia scolpita di un leone. Ci rilassiamo nel parco adiacente dove si trovano artisti che intagliano meravigliosi piatti in bronzo mentre Zara ci fa vedere il funzionamento di una culla tradizionale molto usata per i bambini uzbeki. A questa culla, decorata con drappi coloratissimi i bambini venivano letteralmente legati; essi poi, grazie a dei caratteristici strumenti in legno, e alla presenza di un foro sul fondo della culla, provvedevano direttamente ai loro bisogni, con evidente risparmio di pannolini e fatica per i genitori. La nostra visita tocca poi i resti delle mura ciclopiche, dall’andamento a onde, che proteggevano l’antico nucleo della cittadella fortificata Ark fino al 1920, anno della conquista da parte dei sovietici. L’Ark fondata nel IV secolo A.C., su una collina, con una superficie di 3 ettari, costituì il primo nucleo abitativo e venne usata fin da sempre come sede dei governanti di Bukhara. Siamo entrati nella fortezza passando attraverso l’imponente portone d’entrata delimitato dalle mura e da due torri comunicanti tra loro. Dalla collina, all’interno della cittadella, la vista sulla città di Bukhara è meravigliosa mentre tutt’intorno si è circondati da un sito archeologico a cielo aperto ancora oggetto di campagne di scavi. Oggi il palazzo dei khan, l’harem, la zecca, i magazzini, la moschea Djome con i soffitti in legno decorato, la tesoreria governativa e la prigione sono perlopiù occupate da esposizioni museali molto interessanti che descrivono la storia di Bukhara dalle sue origini fino alla conquista russa. Qui si trovano reperti archeologici, oggetti appartenuti all’emiro e molto altro ancora. All’interno della fortezza vi è anche uno spazio con una tettoia e un trono in velluto appartenuto all’ultimo emiro che qui celebrava le ricorrenze pubbliche. Questo spazio sconfinato che si chiama Kurnish Khan venne anche usato come luogo di incoronazione degli ultimi Emiri. Prima di pranzo ci rechiamo presso l’edificio chiamato Chor Minor (“quattro minareti”), una straordinaria madrasa che divenne centro della comunità sufica. Ha un aspetto particolare dato dalla forma cubica a quattro archi sui cui angoli si innalzano le torri minareto con le loro cupole blu. Si tratta di una costruzione ottocentesca molto bella e nello stesso tempo anche molto curiosa dove le torri non hanno mai avuto in realtà la funzione di minareto: ciascuna ha elementi decorativi con simboli islamici, cristiani, ebraici e buddhisti, rappresentando di fatto il fondamento comune di tutte le religioni. Per pranzo scegliamo un ristorante moderno l’“Andara, Restaurant one of a kind” dove ci lasciamo deliziare da gusti tradizionali rivisitati in chiave contemporanea. Dopo pranzo e un po’ di relax in hotel alle 17 siamo pronti per i bazar coperti del centro dove restiamo quasi fino al tramonto. Nel medioevo Bukhara fu infatti una città commerciale dove convogliavano tutti i mercanti provenienti dall’Asia centrale, l’Iran, l’India, la Russia e la Cina. Le strade del centro svolgevano la funzione di mercati e vi era una quantità impressionante di bancarelle, molte più di oggi. Sulle piazze e agli incroci delle strade si innalzavano coperture a cupola chiamate “toq” con archi, dove si godeva di fresco anche nelle giornate più calde. Di questi toq, costruiti più di 400 anni fa da Abdullah Khan II, se ne conservano oggi solo 3: il Toq -i- Zargaron (cupola dei gioiellieri), il Toq – i – Sarrafon (cupola dei cambiavalute) ed il Toq- i - Telpak (cupola dei venditori di cappelli). Se dovessi elencare tutti gli oggetti qui presenti non mi basterebbero giorni interi. Stregati dai colori, aromi, profumi e suoni che solo un mercato in un paese islamico può trasmettere ci lasciamo prendere dalla frenesia degli acquisti, che portiamo a termine dopo estenuanti contrattazioni. Prima di cena insieme alla guida eccoci per la visita prima della Sinagoga, al numero 20 di Sarrofon ko’chasi, ancora in uso presso la comunità ebraica e poi della moschea di Magok-i – Attari, la più antica della città, conosciuta come “moschea del pozzo”. All’inizio del XX secolo il livello del pavimento di questa moschea era situato circa 4,5 metri più in basso rispetto al terreno circostante e vi si accedeva da un portale ancora oggi visibile. Oggi alla moschea si accede per mezzo di un portale sul lato est, posto a livello del terreno, ed una ripida discesa per arrivare al livello della moschea, sottoposto rispetto al terreno circostante. Qui prima della costruzione della propria sinagoga gli ebrei pregavano insieme agli stessi musulmani rappresentando questo luogo una testimonianza della tolleranza religiosa esistente in città. Cena all’”Old Bukhara”, un ristorante in centro con una terrazza spettacolare, dove abbiamo assaggiato gli “Shashlik”, simili al kebab, fatti di carne di montone allo spiedo, servita con cipolle e pane ovvero carne trita con cipolla e lardo. Abbiamo accompagnato la cena con degli antipasti e gli squisiti “Samsa”. Prima di rientrare in hotel ci siamo concessi una passeggiata nel complesso di Poli Kalyan con il minareto, la moschea e la madrasa illuminati di notte: così abbiamo salutato la città che ci ha conquistato per la sua maestosità e la sua eleganza, dove ancora gli abitanti ci vivono come in passato tra madrase e minareti, vasche d’acqua, bazar e sale da te.






4° GIORNO- BUKHARA – SAMARCANDA
Al mattino partiamo in autobus per Samarcanda dove arriviamo per l’ora di pranzo. Ci fermiamo al ristorante denominato “Xan Atlas” per un pranzo veloce prima di scoprire la città dai mosaici blu, patrimonio dell’UNESCO, una delle città più antiche al mondo. Samarcanda è l’unica città ad aver suscitato il desiderio di conquista di ben tre condottieri: Alessandro Magno, Gengis Khan e Tamerlano, quest’ultimo la scelse come capitale del suo impero. In questa città leggendaria, Mirzo UlugBek, nipote di Tamerlano, fece costruire un osservatorio astronomico noto in tutto il mondo, facendo entrare la città nel mito. Alessandro Magno disse di lei:” Tutto ciò che ho udito di Marakanda è vero tranne il fatto che è più bella di quanto immaginassi”: facciamo nostre le sue parole perché questo vale anche oggi! Dopo pranzo visitiamo il Mausoleo Gur- e- Amir, nel quale è sepolto Tamerlano. Al mausoleo, risalente agli inizi del XV secolo, con la sua cupola alta 12,5 metri, si accede attraverso un portale (Khanata) caratterizzato da un arco a sesto acuto dai disegni geometrici molto particolari. All’interno del mausoleo, sotto una cupola rivestita di foglie d’oro, si trova, tra altre sepolture, il cenotafo in giada verde scuro del grande Emiro, mentre la sepoltura vera e propria è nella cripta sottostante. La tomba di Tamerlano venne aperta dai russi, guidati dall’antropologo e archeologo Gerosimov, il 2 giugno del 1941, nonostante lo studioso sapesse bene che questa tomba era maledetta. Grazie all’esame del suo contenuto egli scoprì che Tamerlano era un uomo robusto, alto 1 metro e 70, zoppo ed aveva i tratti somatici di un turco -mongolo. Alla profanazione della tomba seguì l’invasione nazista dell’Urss a cui venne posto rimedio solo nel 1942, ovvero al ritorno dello scheletro nel mausoleo di Samarcanda, quando i suoi resti vennero nuovamente sepolti con un rito islamico riparatore. Visitiamo poi l’osservatorio astronomico medievale di UlugBek, risalente al XV secolo, ed il museo dell’osservatorio dove vi è una sezione con le riproduzioni degli strumenti che servirono all’astronomo per calcolare la posizione del sole, della luna, di oltre un migliaio di stelle nonché per calcolare con estrema precisione la durata dell’anno sulla terra. Dell’osservatorio resta oggi poco, ma, studi dimostrano che in origine era un edificio dalla forma circolare di 4 m. di altezza e 50 m. di diametro, composto da tre piani. Nel museo dell’osservatorio di fonte sono conservati frammenti di sestanti, ovvero strumenti usati per misurare gli angoli ed effettuare rilevamenti azimutali. A seguire visitiamo il Museo Afrasiab, che ospita il frammento di un affresco del VII secolo raffigurante un corteo reale con dignitari su cammelli e cavalli ed oche sacre agli zoroastriani, proveniente dalla sala degli ambasciatori del palazzo di Varhuman, sovrano della Sogdiana. Questo affresco fu rinvenuto nel 1965, mentre si stava costruendo la strada nei pressi del museo. All’interno del museo si trovano altresì 22 mila manufatti riguardanti la storia millenaria della città ed una sezione dedicata ad Alessandro Magno. Nel tardo pomeriggio ci muoviamo al “Dilimah Hotel” in 79°, M. UlugBek Str., fuori dalla città vecchia: unico neo la distanza dal centro città per il resto si è rivelato molto comodo e dotato di tutti i confort, incluso una piscina dove rilassarsi. Cena a buffet all’interno del ristorante dell’hotel e riposo pronti per il giorno successivo a partire per la città natale di Tamerlano, Shahrisabz, attraversando le montagne rocciose che la dividono da Samarcanda.






5° GIORNO- SHAHRISABZ– SAMARCANDA
Tamerlano avrebbe voluto essere sepolto a Shahrisabz, originariamente chiamata Kesh “la città verde”, una perla tra i frutteti al confine del deserto. Qui Alessandro Magno, 1600 anni prima, aveva incontrato la moglie Roxane, e proprio qui il condottiero zoppo di origine turco -mongolo era nato nel 1336. Un tempo la fama di questa città oscurava anche quella di Samarcanda. Raggiungiamo la città attraversando un passo di montagna rocciosa, percorrendo i 150 km che la dividono da Samarcanda in due ore di viaggio, a bordo di una Chevrolet bianca, la macchina più diffusa in Uzbekistan . La città a soli 50 km dalla frontiera con il Tagikistan ha grandi viali alberati e tantissimi fiori: ve ne sono ovunque. Visitiamo dapprima la moschea principale di Kok- Gumbaz (“Cupola Blu”), nome legato alla sua immensa cupola che superava addirittura quella di Bibi Khanym, edificata da Tamerlano per la moglie preferita a Samarcanda. La moschea venne costruita da UlugBek, il grande astronomo del quale abbiamo visitato l’osservatorio di Samarcanda ed è famosa perché all’interno vi sono alcuni mausolei nei quali furono sepolti membri della famiglia del condottiero come il padre e due suoi figli. Ci rechiamo poi all’interno del complesso di Dorut- Siadat dove si trova la moschea Hazrat I Iman, il Mausoleo Jangir, dedicato ad un figlio di Tamerlano e la cripta di Tamerlano. La cripta nello specifico si trova sul lato est del complesso. Vi si accede percorrendo dei gradini molto ripidi ed al suo interno, in un ambiente cupo e asfissiante, vi è un sarcofago in pietra che era originariamente destinato alla sepoltura di Tamerlano. Come abbiamo detto però il destino non volle che Tamerlano venisse sepolto qui in quanto morì improvvisamente nel febbraio del 1405 di polmonite ed i passi invernali innevati non consentirono il transito delle sue spoglie nella città natale. Prima di visitare il maestoso palazzo di Tamerlano, chiamato AK- Saray, entriamo nella bottega di un pittore (che vende anche dei meravigliosi acquerelli), dove vi è tra le altre cose una riproduzione colorata di come doveva essere il Palazzo oggi in rovina. Fu la più grande costruzione architettonica mai realizzata da Tamerlano ed appare ai nostri occhi, in lontananza, maestoso con i suoi mattoni rossastri. Del palazzo, distrutto nel XVI secolo sotto gli Sheybanidi, si sono conservati solo i ruderi del grandioso portale. Si resta a bocca aperta davanti all’imponenza dei resti dei due piloni alti più di 40 metri che incorniciavano questo immenso portale, decorato di mosaici turchese, bianco, nero e oro. Dalle cronache dell’ambasciatore di Castilla alla corte di Timur si evince che gli interni erano un tempo ricchi di sale e corti, pavimenti e disegni geometrici nonché pareti con maioliche e preziosi decori: di tutto questo purtroppo oggi è rimasto ben poco. I piloni erano uniti un tempo da un arco a tutto sesto lungo più di 20 metri con la maggiore campata di tutta l’Asia Centrale. Nei pressi del palazzo abbiamo potuto ammirare una delle tre statue che celebrano la potenza del condottiero Amir Temur (alta 8 metri si trova su un piedistallo in marmo rosso altrettanto maestoso): le altre due statue si trovano una a Samarcanda e l’altra a Tashkent (le vedremo tutte). Pranziamo al ristorante in adiacenza al “Kesh hotel” dove ci viene preparata la “Mashhurda” una zuppa con riso, fagioli e verdure e i caratteristici “Dolma”, ovvero foglie d’uva ripiene di carne, altro piatto tipico uzbeko, che ricorda la cucina dei paesi dell’Est Europa. Al rientro a Samarcanda nel pomeriggio visitiamo una fabbrica tradizionale di carta da gelso in un bellissimo parco: sin dai tempi antichi una delle merci più preziose tra i mercanti della via della Seta. Qui apprendiamo tutto il processo di produzione. Inizialmente i giovani rami della pianta seccano per mesi all’aperto, poi lo strato migliore della corteccia viene fatto cuocere per ore in forni a legno fino a che non si riduce ad un ammasso di fibra; questa poltiglia viene sistemata in telai, e una volta asciugati i fogli vengono pressati per eliminare l’umidità e levigati dando luogo ad una carta morbida e resistente. Dopo una cena veloce a Samarcanda nel ristorante “Emirhan”, a due passi dalla famosa Piazza Registan, terminiamo la giornata con una passeggiata nella piazza simbolo di Samarcanda e di tutto l’Uzbekistan, magistralmente illuminata a partire dalle 20.30. Successivamente, dalle 21.00, assistiamo ad uno spettacolo tridimensionale di luci e suoni proiettato sulle facciate delle splendide madrase che incorniciano la piazza: una meraviglia.






6° GIORNO- SAMARCANDA – TASHKENT
Partiamo da Piazza Registan (che significa “luogo sabbioso”) rimanendo affascinati dai colori sgargianti delle madrase illuminate dalla luce del sole. Questa è un’opera di estrema bellezza tra le più strepitose dell’arte islamica. La grande piazza è incorniciata infatti da tre madrase tutte ricoperte di maioliche e mosaici. Qui troviamo la Madrasa di UlugBek, edificata nel 1417-1420, con il suo grande portale sormontato da un arco e sopra un pannello con mosaici che rappresentano simbolicamente il cielo stellato; al lato opposto si trova la caratteristica Madrasa Sher Dor, costruita nel 1619-1636, con la sua facciata che rappresenta due tigri circondate dai raggi del sole dal volto umano; per concludere al centro si trova la Madrasa Tillya – Kari, che significa “dorata” per le caratteristiche decorazioni all’interno della sua imponente cupola. Anche se dispiaciuti di lasciare un luogo così bello, da qui ci spostiamo per visitare la maestosa moschea di Bibi Khanym, la principale e la più imponente di tutta Samarcanda. Tamerlano chiamò artisti ed artigiani da ogni dove per costruire innumerevoli monumenti nella città che, nel 1370, scelse come cuore del suo impero. Per la moschea dedicata alla moglie preferita volle una struttura grandiosa che prevedeva una selva di colonne in marmo rette grazie a 95 elefanti fatti venire direttamente dall’india. Si narra che di ritorno da una campagna militare rimase insoddisfatto dalle dimensioni del portale, ordinando di innalzarlo fino a 45 metri. L’enorme cupola di 41 metri di questa moschea è impressionante tanto da risultare la più grande dell’Asia Centrale. Fu completata nel 1400 in appena cinque anni e venne presto abbandonata per la sua instabilità dovuta ad errori costruttivi ed alla rapidità dei lavori: crollò vittima della sua stessa grandiosità. Bibi Khanym era una donna bellissima, si narra che per fare una sorpresa al marito, mentre egli stava combattendo in India, volle costruire una moschea, chiamando per il progetto il migliore architetto dell’epoca. Quest’ultimo si innamorò perdutamente di lei e per terminare la struttura pretese un bacio: nella foga della passione però lasciò un segno vistoso sulla spalla di Bibi Khanym. Al suo ritorno Tamerlano, visto tale segno d’amore fece precipitare la moglie dalla sommità del minareto della moschea e leggenda vuole che anche lo stesso architetto venne spinto dalla sommità della sua costruzione. Poco distante dalla moschea di Bibi Khanym si trova lo sterminato bazar di Samarcanda, dove ci rechiamo prima di pranzo, passando prima attraverso una sartoria di vestiti tradizionali da sposa. Qui Zara ci racconta delle loro tradizioni dal fidanzamento al matrimonio, descrivendoci i vestiti e copricapi che si indossano prima e dopo la prima notte di nozze, con il loro valore simbolico. Giunti nel famoso “bozori”, come lo chiamano qui, sembra di entrare all’interno di un labirinto: frenetico, brulicante di gente, qui ci si sente davvero come vecchi mercanti lungo la via della seta. Il mercato è inebriante per tutti i sensi: ci sono mille gradazioni di colori, fragranze sconosciute, tessuti, frutta fresca e secca, verdure di tutti i tipi, spezie profumate, tazze, tappeti, carni, te, e tutt’intorno venditori di tutto quello che si può immaginare. Dopo tanto stordimento difficile da descrivere e ancor più da dimenticare, per pranzo ci rechiamo a casa di una famiglia di Samarcanda (l’”Adras Restaurant”). Entriamo nel patio ed incontriamo dei tavoli riccamente imbanditi con teli tradizionali e piatti in ceramica colorati. Sul tavolo c’è frutta di tutti i tipi: meloni, pesche, uva, fichi, frutta secca e poi, dolci ed antipasti. La padrona di casa ci spezza il pane e ce lo offre, perché qui si dice che “l’ospitalità ha più valore del coraggio”. Poi porta in tavola il “Plov”, il piatto uzbeko per eccellenza, l’orgoglio della loro cucina. Si tratta di riso lasciato cuocere lentamente, condito con olio di semi di lino, carne di montone o di pecora, ceci, carote gialle, spezie e uova di quaglia. Questo piatto è sempre presente nelle feste e si prepara in enormi pentole anche per migliaia di persone. Alla fine del pasto serve il tè e un dolce. Nel pomeriggio prima di lasciare Samarcanda ci dirigiamo nel complesso più monumentale di tutta la città, ovvero lo Shah- i- Zinda, letteralmente definito “la tomba del re vivente” per la presenza, al suo interno, della tomba del cugino di Maometto, Kusam ibn Abbas, (pare simile a lui anche nell’aspetto), che si spinse fino a Samarcanda nel 676-677 portando l’Islam. Si racconta che egli fosse stato decapitato, ma immediatamente prese la sua testa, se la mise sotto il braccio e scese verso il luogo dove è sepolto ed ancora oggi vive. Questa necropoli è un luogo sacro di pellegrinaggio sorprendentemente ricercato per le sfumature dell’azzurro delle sue ceramiche e delle sue cupole nonché per le sue facciate dai fantasiosi grafici in lettere cufiche. Tutti gli ambienti intorno alle tombe sono occupati da negozietti di souvenir, come d’altronde ovunque qui in Uzbekistan. Ed in questa confusione che mi avvicino al prospetto di una tomba e mi appoggio per fare una foto ma vengo subito richiamata da un guardiano, che si avvicina a Zara. La mia guida mi toglie dall’imbarazzo, scongiurando sicuramente il pagamento di una multa, riferendomi quanto richiesto dal guardiano, ovvero di cancellare le foto appena fatte. C’è un’altra storia legata a questo luogo: se si sale contando i gradini pensando a dei desideri e se al ritorno i gradini coincidono con quelli contati all’andata tutti i desideri si avvereranno. Lasciata la necropoli ci dirigiamo verso la stazione del treno di Samarcanda, un edificio in stile sovietico, dove alle 17,30 saliamo a bordo del treno veloce per Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan, distante circa 2 ore e 30 di viaggio. Il treno, dal nome Afrosiyob, è operativo fin dal 2011 ed ha permesso all’Uzbekistan di aprirsi al mondo in quanto mezzo di trasporto concorrenziale capace di azzerare le distanze. È molto confortevole, ha sedili comodi, schermi per le informazioni e servizio bar a bordo. Dopo aver percorso un paesaggio meraviglioso popolato da pastori al seguito del loro gregge di bestiame arriviamo a Tashkent per l’ora di cena e ci sistemiamo nel Courtyard By MARRIOTT: dalla stanza la vista sulla città illuminata di notte è spettacolare. Dalla finestra si vede anche la maestosa torre della televisione. Qui consumiamo una squisita cena nel ristorante dell’hotel che ha arredi moderni ed una cucina a vista.









7° GIORNO TASHKENT e RIENTRO
Dedichiamo la mattinata alla visita di Tashkent, la capitale ricostruita secondo i canoni dell’architettura sovietica dopo il terribile terremoto del 1966. Questo terremoto ebbe epicentro proprio nel sottosuolo e rase al suolo quasi completamente la città provocando miracolosamente solo una decina di vittime. Visitiamo ville e parchi che ce la fanno fin da subito amare in quanto la capitale è un unicum in Uzbekistan, con i suoi caratteristici tratti che richiamano il passato sovietico. La città ha oltre 2 milioni di abitanti ma è ordinatissima. Ha viali e parchi immensi e immersi nel verde. Visitiamo dapprima piazza Amir Timur in cui svetta la statua dedicata a Tamerlano e l’hotel Uzbekistan che dall’alto dei suoi 17 piani domina la piazza: l’hotel sembra un alveare con la sua gabbia in cemento. Successivamente restiamo colpiti dalla maestosità di Piazza dell’indipendenza dove spicca una scultura con un globo terrestre e l’Uzbekistan in rilievo . Da qui prendiamo la metro, l’unica dell’Asia Centrale. Le stazioni della metropolitana sono assolutamente da visitare in quanto decorate in maniera sfarzosa secondo la tradizione russa tanto da essere considerate tra le più affascinanti al mondo. Impressiona la stazione di Alisher Novoiy, aperta nel 1984, sulla linea chiamata “Uzbekistan”, caratterizzata da una serie di cupole e colonne in cemento rivestite di marmo e decorate con ceramiche tali da sembrare una moschea, arriviamo poi in una stazione interamente dedicata ai principali cosmonauti russi, passiamo da un’altra chiamata Pahtakor che raffigura le piante di cotone. Ci sono stazioni con un’enorme quantità di decorazioni in marmo bianco e lampadari, colonne smaltate e ceramiche artistiche. Ci perdiamo infine nel “Bazar Chorsu”, enorme cuore commerciale della città in cui si può acquistare di tutto (qui abbiamo visto come si fa il pane, ci sono piatti di street food preparati al momento, c’è frutta fresca e frutta secca, verdure di ogni tipo, spezie, carne, in alcune bancarelle vendono dei caratteristici dolci, ci colpisce un cestino finemente decorato che si regala in occasione del fidanzamento). Il Bazar è sterminato ed è facile perdersi ma è un osservatorio delle abitudini del paese, qui si trova gente di tutte le etnie: i contadini che vendono i loro prodotti, i venditori di pane che si fanno strada tra la folla con i loro carretti, le donne intente a preparare il Plov e sfilze di spiedini fumanti di Shashlik. Prima del transfer in Aeroporto per il volo di rientro in Italia pranziamo velocemente nel ristorante “Caravan” dove ci vengono serviti dei formaggi uzbeki con il miele ed ancora il pane, che ci ha accompagnato per tutto il viaggio.









-----INFORMAZIONI PRATICHE-----
Dove dormire:
· A Khiva Abbiamo alloggiato all’Asia Khiva, appena fuori dalle mura meridionali, in Yakubov Street, comodo hotel tre stelle dotato di tutti i confort, con una piscina e un giardino dove rilassarsi. Ha un negozio interno dove acquistare tutti i tipi di souvenir, offre servizio per cambio banconote in sum, la moneta locale.
· All’interno della città vecchia patrimonio dell’Unesco di Bukhara abbiamo alloggiato nel caratteristico Latifa Begin, in L. Bobokhonov Str, 10. L’hotel ha ampie camere che si affacciano su un patio decorato con maioliche ed è dotato di tutti i confort. Si trova in una posizione ottima per esplorare la città a piedi.
· A Samarcanda abbiamo alloggiato nel Dilimah Hotel in 79°, in M. UlugBek Str., fuori dalla città vecchia: distante dal centro città ma molto comodo e dotato di tutti i confort, incluso una piscina dove rilassarsi.
· Nella capitale, ottima soluzione è stato il Courtyard By MARRIOTT, spettacolare e con vista sulla città di Tashkent.
Dove mangiare:
· A Khiva Il Mirza Boshi Tea House, a conduzione familiare, si è rivelato un’ottima scelta per la sua calorosa ospitalità e per i piatti della tradizione regionale di Khiva.
· Sono numerosi i ristoranti a Bukhara, per pranzo abbiamo mangiato al Temir’s Restaurant, un locale ubicato proprio nel centro della città, colorato con caratteristici drappi in tessuto tradizionale appesi tutt’intorno, mentre per cena, per assistere ad uno spettacolo folk tradizionale, in un ambiente rilassato, al Tandir Restaurant, molto vicino al nostro hotel. Se si cerca un luogo moderno e ricercato con piatti raffinati l’ Andara è l’indirizzo giusto mentre per una cena in terrazza con vista sulla città, l’Old Bukhara è perfetto: per quest'ultimo ristorante obbligatoria è la prenotazione essendo frequentatissimo da turisti e gente del posto.
· A Samarcanda due indirizzi: Xan Atlas e Emirhan (accanto a Piazza Registan) per la cucina tradizionale e l’ambiente molto accogliente mentre a Shahrisabz ci si può fermare al ristorante in adiacenza al “kesh hotel” dove assaggiare la Mashhurda (una zuppa fatta con riso, e fagioli) e i Dolma (foglie di vite con dentro carne trita).
· A Samarcanda nell’”Adras Restaurant” si mangia a casa di una famiglia locale. Qui preparano il Plov, piatto tipico a base di riso, carne, carote, ceci e uova di quaglia. Il Caravan a Tashkent è bellissimo, serve piatti della tradizione e degli ottimi formaggi: perfetto per un brunch veloce.
Consigli:
· Acquistate il biglietto d’accesso ai monumenti della città all’entrata ovest di Khiva con l’autorizzazione a scattare le foto. Per salire sulla torre di guardia della fortezza di “Kuhna Ark” è necessario pagare un piccolo supplemento ma ne vale la pena perché il tramonto è indimenticabile.
· Perdetevi nei caratteristici mercati coperti di Bukhara dove troverete praticamente di tutto. Nei labirintici bazar si trovano tra l’altro tappeti, tessuti, suzani e ikat, dei veri capolavori tessili di tradizione antica e molto altro ancora: caratteristici sono i cappelli tradizionali, le forbici a forma di becco di cicogna e i gioielli in argento. Contrattare è d’obbligo. La valuta locale è il “sum” dove 140.000 sum sono circa 10 euro.
· A Samarcanda, visitate Piazza Registan non solo di giorno ma anche di notte. Alle 20.30 vi è lo spettacolo di luci e colori e successivamente alle 21,00 uno spettacolo tridimensionale della durata di 20 minuti con delle proiezioni multimediali sulle facciate delle splendide madrase che incorniciano la piazza. Resterete letteralmente a bocca aperta.
· A Tashkent visitate il Bazar Chorsu dove si trova di tutto, dal pane alla frutta, dalla carne ai dolci e dove si vedono usi e costumi della gente del posto. Muovetevi in metro, le stazioni sono semplicemente spettacolari.
Informazioni utili:
· L’Uzbekistan ha un clima continentale molto caldo in estate e freddissimo in inverno: in estate le temperature possono arrivare fino a 50 ° ed in inverno a -20°C, meglio scegliere le stagioni intermedie.
· In Uzbekistan si entra con il passaporto con validità di almeno 3 mesi e non è richiesto il visto di ingresso fino ad una permanenza massima di 30 giorni.
· La Lingua è l’uzbeko ma si parla anche il russo e l’inglese, la religione è prevalentemente musulmana (occorre rispetto nell’abbigliamento e uso di foulard nei luoghi di culto), la valuta è il sum.
· Nei luoghi turistici è un paese sicuro, consultate le pagine di viaggiare sicuri per eventuali criticità che potrebbero invece verificarsi in zone remote o al confine con l’Afganistan.
· Durante l’estate portate con voi un cappello, protezione solare e repellenti per le zanzare.
· Non è obbligatorio vaccinarsi ma evitate di bere acqua che non sia imbottigliata, ghiaccio e cibi crudi.
· Portate con voi farmaci di primo soccorso ( antipiretici, farmaci per problemi gastrointestinali , sali minerali, antistaminici, fermenti lattici). Per taluni farmaci è necessaria la ricetta medica: sappiate che ci sono delle limitazioni e restrizioni. Consultate il sito viaggiare sicuri o il consolato per maggiori info.
· Per il viaggio descritto in queste pagine abbiamo scelto il tour operator Boscolo che offre dei pacchetti di 8 giorni 7 notti con partenza da Roma tutto incluso a partire da 2490 euro/persona.
Cosa leggere prima di partire:
· Meridiani – Uzbekistan. Editoriale Domus - 23 maggio 2019-150 pagine.
· L’Uzbekistan di Alessandro Magno di Vittorio Russo. Sandro Teti Editore - 13 giugno 2019 – 400 pagine.
· Samarcanda. Un sogno color turchese di Franco Cardini. Editore Il Mulino - 3 novembre 2016- 325 pagine.
· Viaggio a Samarcanda 1403-1406. Un ambasciatore spagnolo alla corte di Tamerlano di Ruy Gonzàlez de Clavijo - Editore Viella - 5 maggio 2010 – 2° edizione. 224 pagine.
· Guida Asia centrale – 18 ottobre 2018, AA.VV. - Lonely Planet Italia. 18 ottobre 2018. 7° edizione - 521 pagine.
· Uzbekistan di AA.VV. - Editore Morellini - 23 maggio 2025 - 416 pagine.
· Sovietistan– 24 ottobre 2019 di di Erika Fatland. Editore Marsilio. 23 ottobre 2017. 488 pagine.
· Il grande gioco. I servizi segreti in Asia centrale di Peter Hopkirk. Adelphi. 7 aprile 2010. 624 pagine.